Gli ecomostri? Anche sull’Appennino. Case con piscina nell’oasi protetta
fonte : Il FattoQuotidiano on line
Sono 39 le ville costruite con la compiacenza di tecnici di piccoli Comuni in aree che, sulla carta, sarebbero super protette. Ora la Regione - ed è un evento storico - ha deciso che nel primo procedimento penale a carico di un geometra del Comune di Vergato si costituirà parte civile
C’è un vecchio cascinale quattrocentesco d’interesse storico e architettonico che, come in una parabola evangelica, si trasforma (legittimamente) in villa restaurata “contagiando” però nel restauro (e questa volta illegalmente) altri 39 fabbricati vicini, a spregio di ogni tutela ambientale e paesaggistica in un “sito di interesse comunitario” come l’area dell’Appennino bolognese fra le localitàSanguineda, Monte Radicchio e Rupe di Calvenzano, sopra Vergato.
C’è l’ex responsabile dell’Ufficio tecnico di quello stesso Comune di Vergato, Ivano Nanni, che per per la PmAntonella Scandellari che ne ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio (il dibattimento con l’accusa di abuso d’ufficio aggravato e continuato si aprirà il prossimo 8 giugno) “procurava intenzionalmente un ingiusto vantaggio a soggetti diversi, con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso in violazione di norme in materia urbanistica e paesaggistica”.
E c’è un consigliere regionale caparbio, il capogruppo del Movimento 5 Stelle Emilia Romagna Andrea Defranceschi, che dopo un’interrogazione a risposta scritta alla Giunta, una seconda a risposta orale in commissione territorio, una mozione e due esposti (alla Procura ordinaria e a quella della Corte dei Conti) ottiene che viale Aldo Moro si costituisca parte civile nel processo che si aprirà fra poche settimane, per quella che lui stesso definisce “la più grossa lottizzazione abusiva mai vista da noi. Siamo abituati a vedere gli ecomostri nelle spiagge del Sud Italia. Bene: qui l’ecomostro è spalmato su un’intera vallata che doveva essere protetta da norme ambientali”.
In mezzo a tutto ciò, ci sono 26 anni di deturpamento dei nostri Appennini, paradossi, ed episodi inquietanti: gli stessi abitanti delle villette ristrutturate ed ampliate abusivamente si attaccano (altrettanto abusivamente) all’acquedotto di quel primo cascinale medievale, la cui proprietaria paga da anni anche l’acqua “rubata” dalle altre famiglie. E poi costituiscono un comitato per sancire una volta per tutte che “l’acqua è un diritto umano”. Vero, se a pagare per questo diritto non fosse una sola persona.
A dicembre dell’anno scorso poi, il consulente tecnico che, come geometra, ha aiutato gli unici inquilini “regolari” della vallata a portare avanti denunce e battaglie legali si trova il muro davanti a casa deturpato da scritte offensive e minacciose. Mentre lo stesso consigliere Defranceschi denuncia di essere stato avvicinato dalla moglie di Nanni con fare intimidatorio: “La conversazione è stata registrata ed ora è a disposizione degli inquirenti – racconta -: la donna mi ha offerto sostegno politico, e il ritiro delle querele per diffamazione in cambio della rinuncia alle mie azioni”.
Ma partiamo dall’inizio. Il territorio di Sanguineda è incluso nella Rete Europea Natura 2000, ed è indicato come zona di pregio nel Piano territoriale paesaggistico regionale. Nonostante questo, dal 1985, in quella porzione di territorio sono sorti una quarantina di edifici completamente abusivi (di cui 31 case), con un danno ambientale ed economico enorme. Sin dal Medioevo lassù c’era una sola casa, più qualche stalla o deposito per attrezzi. Null’altro, dal Medioevo fino al 1985. “Poi è cominciato un processo speculativo gravissimo – ricostruisce Defranceschi - protagonista il capo dell’ufficio Tecnico Nanni. Che concede ad amici e parenti di costruire, con il Comune che chiude tutti e due gli occhi”.
Passano gli anni e come per magia le baracche vengono trasformate in villa con piscina, le stelle in palazzine in sasso o calcestruzzo armato. “Il tutto senza uno straccio di documento che certifichi il cambio di destinazione d’uso perché, ovviamente, il tutto è stato fatto in maniera completamente abusiva”. Da notare che la zona dal 1923 è a tutela idrogeologica, dal 1970 area agricola e boschiva, dal 1986 area a tutela ambientale, dal 1993 Sito di Interesse Comunitario e dagli anni Novanta oasi naturalistica dal 2003, su richiesta dello stesso Comune di Vergato.
Qualche anno fa finalmente, nel 2005, le denunce hanno un primo esito. E la Procura di Bologna apre un fascicolo sulla base del lavoro di ricostruzione fatto dagli agenti della Forestale. Da quell’inchiesta, si arriverà poi all’iscrizione di Nanni e al processo che si aprirà a giugno. Intanto, però, il consigliere a 5 stelle parla di “incomprensibile tolleranza dei sindaci che si sono avvicendati a Vergato nel tempo” fino all’attuale primo cittadino a marchio Pd Sandra Focci. Che a suo tempo si limitò a precisare di aver avviato verifiche interne, e che la sua amministrazione si fosse costituita anch’essa parte civile nel procedimento sin dal 2005. Visto che proprio la mancata regolarizzazione degli immobili avrebbe causato nelle casse del Comune appenninico un buco di 10milioni di euro (denunciato con l’esposto alla Corte dei Conti) per un paese che ha un bilancio di appena un milione superiore a quella cifra.
Nella delibera regionale 413/2011 ora si legge che “la Regione Emilia Romagna, in conseguenza di tali condotte delittuose, ha subito danni materiali e morali consistenti in particolare nella lesione delle funzioni amministrative dell’Ente Regione in materia di Siti di importanza comunitaria, nonché della propria immagine nei confronti dell’opinione pubblica locale e regionale, con effetti sicuramente pregiudizievoli per la stessa”. Una presa di posizione per l’ambiente che, dice Defranceschi, “costituirà un precedente da tenere sempre in considerazione, ed è la conferma che avevamo ragione”.
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