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Story

Il Grand Tour della Futa

di Claudio Evangelisti

 

Il “Grand Tour” che dal 1500 al 1800 vide giovani aristocratici e artisti visitare tutta l’Italia, scatenò la fantasia di tanti lettori e lettrici di tutta Europa.

Tra i tanti artisti che da Firenze si avventurarono tra le montagne degli Appennini percorrendo la strada della Futa per raggiungere Bologna, ci furono nomi molto famosi.

Stendhal, ad esempio, rimase impressionato dal fenomeno della sparizione di tanti viaggiatori che soggiornavano nell’albergo di Pietramala: una banda di

malfattori, guidata dal curato Biondi, uccideva, dopo averli derubati, gli sfortunati viaggiatori che decidevano di trascorrere la notte nella locanda. E che dire di Giacomo Casanova che, partito alle 8 da Firenze arrivò in piena notte a Scaricalasino, non lontano da Pietramala. Scelse tra quattro letti quello più adatto alle sue esigenze ma, forse a causa dei tortellini e del buon Sangiovese, il “grande seduttore” lasciò “in bianco” la giovane donna che lo accompagnava.

 

Il prete brigante e i misteriosi fuochi di Pietramala

 

Pietramala fu una nota località di villeggiatura particolarmente cara sia ai fiorentini che ai bolognesi. A poca distanza da Monghidoro e subito dopo il passo della Raticosa, si raggiunge con la storica strada della Futa che congiungeva la Bologna medievale alla Firenze rinascimentale. Anticamente sotto il Comune di Bologna, nel 1403 entrò a far parte del Vicariato di Firenzuola.

Ma Pietramala è famosa soprattutto per un fenomeno naturale molto particolare, quello dei “fuochi perenni” che suscitarono niente meno che l’interesse di Alessandro Volta, l’inventore della pila elettrica. All’inizio del 1700, famigerato fu il curato Biondi, arciprete di Pietramala, luogo temuto dai viandanti per via dei misteriosi fuochi che si accendevano spontanei durante la notte. Il Curato capeggiava una banda di briganti che assaliva i forestieri che  transitavano sulla Futa tra Bologna e Firenze. Il Biondi  era d’accordo con la padrona della locanda di Covigliaio. La trappola mortale scattava quando la vecchia locandiera di Covigliaio inviava il suo servo a Pietramala dall’arciprete Biondi a chiedere lenzuola pulite per i nuovi clienti della locanda. Quello era il segnale convenuto per far radunare la banda che assalivano e  uccidevano gli sfortunati viandanti che dormivano tranquilli nelle camere della locanda. Il Biondi poi, si raccomandava di far seppellire i cavalli e di bruciare la carrozza e i bauli vuoti dei passeggeri uccisi. La vecchia locandiera però ostentando i gioielli rubati, degni di una duchessa, insospettì le guardie dello stato di Bologna che d’accordo con quello Fiorentino erano state inviate a sorvegliare i viaggiatori per via delle strane sparizioni che si verificavano da tempo. L’epilogo della vicenda avvenne  quando le guardie riuscirono a far confessare Fosco, il servo inviato dall’ostessa a cercar lenzuola pulite e riuscirono così ad arrestare l’intera banda dopo una furiosa sparatoria. Il nome Pietra Mala, probabilmente deriva da antiche leggende che la descrivevano come la bocca dell’inferno. Di notte infatti tutto il monte Raticoso che era considerato un vulcano dagli scienziati dell’epoca, assumeva un aspetto infernale in quanto incendiato da fuochi misteriosi che nessuno si spiegava e si pensava fosse opera del diavolo…Nel 1718 un viaggiatore Inglese Horace Dodsworth fu inviato dalla Gran Loggia massonica di Londra per cercare di svelare il mistero di questi fuochi che terrorizzavano gli abitanti del passo della Raticosa. Dodsworth compì degli esperimenti accompagnato delle impaurite guide del posto che credevano che dai fuochi uscissero gli spiriti dei morti!Dal resoconto originale del viaggiatore inglese ritrovato in maniera fortuita in un manoscritto  proveniente d’oltremanica e inviato ad un ricercatore dell’università di Bologna (Maurizio Ascari) e illustrato da Sergio Tisselli nel racconto a fumetti “La locanda dei misteri” è stato tratto e tradotto dall’idioma del settecento, il precedente racconto sul Curato Biondi ed il seguente esperimento del Dodsworth che stupì gli scienziati dell’epoca:<<(…)mi recai sopra il monte Raticoso  e da una mirabile fonte ove esce l’acqua mista ad un’aria infiammabile avvicinai un zolfanello che prese fuoco, presi dunque un fiasco con un imbuto e rovesciandoli dentro la fonte raccolsi nel fiasco quell’aria…giunto in albergo, sturai il fiasco e la infiammai dinanzi alla signora Patriarchi, che gradì  moltissimo quello spettacolo inconsueto…

Questi e molti altri esperimenti potei compiere in quel giorno, convincendomi sempre più che i Fuochi, lungi dall’essere un vulcano, o peggio ancora la bocca dell’Inferno, erano il punto in cui un deposito sotterraneo di aria infiammabile usciva da un condotto in superficie.

Ecco perché dopo le forti piogge, come annotano in molti, la loro intensità raddoppia; è quell’acqua che, calando nel terreno, fa fuoriuscire l’aria sottostante. Spero che di qui a qualche anno un valente scienziato provi con mezzi certi la natura di tale prodigio, che potrebbe rivelarsi prezioso per l’umanità.

Perchè non portare quell’aria verso le case, e ottenere così un calore perenne per tutto l’inverno? D’estate basterebbe serrare quel tubo. Ma forse vaneggio…>>

A chiusura di questi aneddoti sulla storia di Pietramala voglio riportare cosa capitò pochi anni dopo al nuovo parroco del paese: nel 1726 fu trovato stritolato sotto un masso quando questi si trovava in una radura. Da dove poteva esse caduto questo masso? Negli anni passati vi erano stati tutta una serie di strani incidenti provocati da sassi e pietre che provenivano dal leggendario Sasso di san Zenobi, il monolitico menhir che affiora sul confine tra l’Emilia e la Toscana, ma questa e un’altra storia…

 

 

Claudio Evangelisti

data pubblicazione: 
Mercoledì, 29. February 2012 - 6:26

Commenti

Bello questo articolo,spero di leggerne altri su argomenti del genere!

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