La Cassazione decide sui commenti online: la testata web non è responsabile
La sentenza 44126 della Corte di Cassazione passerà alla storia: "Ai direttori delle testate online non si può addebitare la responsabilità di non aver rimosso dal sito un commento inviato da un lettore e ritenuto diffamatorio",
evidenziando così una netta differenza tra la pubblicazione cartacea e la pubblicazione web.La Cassazione assolve così Daniela Hamaui, ex direttrice online dell'Espresso, la quale era stata accusata di omesso controllo per un post diffamatorio e condannata, in Appello, per omessa rimozione del commento.
Il legale della Hamaui, durante il ricorso in Cassazione, ha tenuto a precisare che l'articolo incriminato non era un commento giornalistico, ma un post inviato alla rivista da parte di un lettore che viene automaticamente pubblicato senza un filtro preventivo. Di conseguenza, l'ex direttore non doveva risultare responsabile di un parere libero di un altro cittadino, altrettanto libero. Con questa sentenza, si pone, così, una netta e sostanziale differenza tra la stampa cartacea e la stampa online: per la prima, infatti, l'art.57 del codice penale punisce i reati di diffamazione commessi con la stampa periodica e del quale, la Corte d'Appello di Bologna si era servita per condannare l'Hamaui.
La Cassazione con questa sentenza, invece, stabilisce che "per le pubblicazioni a mezzo della rete informatica, quantomeno per quelle che vengono postate direttamente dall'utenza, senza alcuna possibilità di controllo preventivo da parte del direttore di testata, deve essere svolto un discorso analogo a quello operato in materia radiotelevisiva" e che, prosegue la sentenza, "non vi è solamente una diversità strutturale tra carta stampata e Internet, ma altresì la impossibilità per il direttore della testata di impedire la pubblicazione di commenti diffamatori, il che rende evidente che la norma contenuta nell'art. 57 del c.p. non è stata pensata per queste situazioni, perché costringerebbero il direttore ad una attività impossibile, ovvero lo punirebbe automaticamente ed oggettivamente, senza dargli la possibilità di tenere una condotta lecita".
novembre 2011
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