Giovedì, 25. April 2024 - 2:36

Story

Vita da cani

 

Percorrendo la fondovalle Savena da Bologna in direzione Loiano, nella località di Scascoli, in via dei Mulini 20/2, si trova sulla sinistra il canile Intercomunale Savena. La struttura è gestita dalla cooperativa sociale Lo Scoiattolo (www.scoiattolo.org), e di competenza dei comuni di Loiano, Ozzano dell’Emilia, Monterenzio, Monzuno, Pianoro, e San Lazzaro di Savena.


Un piccolo cartello indicante le giornate e gli orari di apertura al pubblico, un breve tratto di strada sterrata in salita, danno l’accesso alla struttura completamente recintata gestita da un team tutto al femminile.


La mia prima visita al canile avvenne qualche anno fa. Ne seguì una seconda, una terza, fino a divenire un regolare appuntamento settimanale. Mi furono mostrati tutti gli spazi di competenza, mi vennero presentati gli “ospiti”presenti e raccontate le loro storie fatte di maltrattamenti e abbandoni.
Compilai un modulo con i miei dati, una liberatoria, e divenni all’istante una delle tante volontarie operative del centro.

Mi recavo da loro per uscire solitamente in passeggiata con due o tre “ospiti”per ogni visita che facevo. In base alla loro età e alle loro condizioni fisiche,  le uscite potevano essere brevi oppure lunghe camminate tra i boschi o lungo il fiume Savena.  A volte nella reciproca diffidenza iniziale, con alcuni di essi, cominciavo la conduzione dell’animale con il timore che qualcosa potesse andare storto. Il segnale per la rete mobile nella zona circostante, era, ed è a tutt’oggi praticamente assente, e la preoccupazione di non poter comunicare tempestivamente con gli operatori del canile nel caso del bisogno, era costante e forte.


Ma erano tutti adorabili. Solo alcuni erano spaventati, e di tanto in tanto volgevano lo sguardo alle loro spalle in direzione di quella che era divenuta la loro casa abituale. Più volte mi accadde di uscire con “lei”. Un meticcio bianco-pezzato di taglia medio grande, che mi dissero essere molto socievole e bisognosa di attenzioni. Non più giovane, proveniente da un canile molto più grande, sembrava in quel luogo aver ritrovato vigore, dinamicità e una nuova famiglia che le voleva bene.


Si avvicinava l’estate, e ad ogni nostra uscita ci recavamo al fiume da lì poco distante. Adorava bagnarsi. Durante l’attraversamento del fresco corso d’acqua si immergeva completamente fino al collo. Era solita strusciarsi contro i grossi ciottoli melmosi sul letto del fiume. Pareva volersi liberare da quelle strane protuberanze seminascoste dal suo folto pelo che affioravano alla luce solo nell’acqua. Quando rientravamo dalle nostre perlustrazioni, le ragazze, le permettevanoancora un po’ di scorazzare liberamente nella zona antistante gli uffici.


Mi seguiva ovunque andassi. Era la mia ombra. Le operatrici rimasero sorprese di quanto velocemente si fosse attaccata a me. Quando poi ritornavo la settimana successiva mi dicevano che aveva trascorso gran parte del tempo nella sua cuccia, solo in attesa di una nuova uscita. Mi faceva male saperlo, ma non potevo portarmela a casa. Allora prolungavo le nostre  passeggiate, nella speranza di alleviarle anche solo in piccola parte quella enorme sofferenza. Era un giovedì mattina, giornata nella quale si svolgevano le regolari visite veterinarie del canile. Avevo già fatto la mia consueta passeggiata con “lei”.


Ed ero alla seconda della giornata con un altro “ospite” quando il telefono cominciò a suonare. La linea cadde alla mia risposta. Provai allora a spostarmi da quel punto oscurato e risalii la collina. Il cellulare risuonò e questa volta riuscì a comunicare. Le ragazze del canile mi chiedevano di rientrare. Volevano rendermi partecipe di quel momento ed informarmi di quello che stava accadendo all’interno. Rientrai velocemente con un’ ansia crescente che mi attanagliava lo stomaco.


Arrivata, stentai a riconoscerla su quel tavolo metallico completamente svestita del suo pelo. Sembrava essersi ridotta di due taglie. Nel giro deicontrolli della veterinaria era rientrata anche “lei”. Mi dissero che il suo stato di salute era critico. La sua nudità svelava una allargata propagazione della forma tumorale di cui era affetta. Non si sapeva quanto avrebbe potuto vivere ancora, ma che il dolore sarebbe aumentato era unacertezza. Decisero come intervenire. Me la fecero salutare tra le lacrime  mi fecero uscire dalla stanza.

In quella stanza, quel giorno, si spense Mimì.


Me ne tornai a casa in un’atmosfera surreale con la sola voglia di arrivare il più velocemente possibile. Da allora amo ricordarla nei suoi momenti migliori, al mio fianco, alla scoperta di nuovi sentieri tra i profumi del sottobosco, l’una accanto all’altra.


Ripresi una lettura fatta in passato. Un classico della letteratura che ha trasuoi personaggi un’amorevole e coraggiosa veterinaria di nome Bev Shaw chepratica l’eutanasia su animali malati e predestinati.

Di tanto in tanto ne rileggo alcune parti….


E’ di nuovo domenica. David e Bev Shaw sono impegnati in una delle loro sessioni di Losung.  David porta dentro gli animali a uno a uno, prima i gatti, poi i cani: i vecchi, i ciechi, gli zoppi, gli storpi, i mutilati, ma anche i giovani e i sani… tutti quelli per cui è suonata l’ora. E ogni volta Bev li accarezza, li conforta, parla con loro, poi li sopprime, fa un passo indietro esta a guardare mentre lui li chiude in un sudario di plastica nera.Non parlano. David, prendendo esempio da Bev Shaw, ha imparato a concentrare tutta la sua attenzione sull’animale che stanno uccidendo, per dargli quello che ormai non ha difficoltà a chiamare con il suo vero nome: amore.”
tratto da “Vergogna” di J.M.Coetzee

 

Morena Luatti
 

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data pubblicazione: 
Lunedì, 25. October 2010 - 13:52
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